Itinerario di 3 giorni tra i borghi nascosti dell’Umbria (che sembrano usciti da una fiaba)

Vista su Piegaro, in Umbria (Wikipedia LigaDue FOTO) - cosediviaggio.it
L’Umbria è una regione sottovalutata, ed è ricchissima di luoghi naturali e di luoghi culturali, oltre a dei bellissimi borghi.
Quando si parla di Umbria, spesso vengono in mente Perugia, Assisi, Spoleto… insomma, i soliti noti. Eppure, appena ci si allontana un po’ dalle rotte turistiche più battute, si scopre un lato della regione che ha tutto un altro sapore: quello lento, autentico e, in un certo senso, un po’ dimenticato.
Tra le colline dell’Umbria occidentale, nascosti da boschi e strade secondarie, si trovano borghi che sembrano sospesi nel tempo. Non sono luoghi da selfie veloci e fughe mordi e fuggi: qui tutto invita a rallentare, ad ascoltare il silenzio, a notare i dettagli. Proviamo ad immaginare un itinerario di 3 giorni, visitando 3 luoghi differenti.
Giorno 1. Uno di questi è Panicale, un minuscolo paese arroccato a quasi 450 metri d’altezza, affacciato sul Lago Trasimeno. Conta poco più di una manciata di residenti stabili, si parla di una trentina di persone , ma conserva intatto il fascino di un passato artistico e rurale.
Nel cuore del borgo si trovano il Teatro Caporali, uno dei teatri più piccoli d’Italia, e la Chiesa di San Sebastiano, che custodisce un’opera del Perugino. Tutto intorno, vicoli silenziosi, piazzette acciottolate e panorami che sembrano usciti da una cartolina ingiallita. Panicale non fa rumore, non si impone, ma conquista con una delicatezza rara.
Giorno 2: Piegaro, il vetro e la memoria
Nel territorio pievese, a pochi chilometri dalle sponde del Trasimeno, si trova Piegaro, un borgo che ha intrecciato per secoli la sua storia con la lavorazione del vetro. Già attivo in epoca medievale, il paese fu a lungo un centro produttivo rinomato, grazie alla presenza di una grande vetreria che ha operato fino agli anni ’60 del Novecento. Oggi quel passato rivive nel Museo del Vetro, ospitato proprio nei locali della vecchia fabbrica. Qui si possono ammirare forni originali, strumenti da lavoro, oggetti soffiati a mano e fotografie d’epoca.
Un percorso che non è solo tecnico o artistico, ma anche profondamente umano: racconta il ritmo della vita operaia, la fatica del mestiere, l’evoluzione di un sapere tramandato per generazioni. Il borgo, ben conservato e accogliente, si sviluppa lungo una dolce salita tra case in pietra e scorci verdi. Non mancano piccole botteghe, trattorie genuine e un’atmosfera rilassata che invita alla sosta. A Piegaro il tempo sembra scorrere più lento, come se la trasparenza del vetro avesse lasciato un’impronta anche sull’anima del luogo.

Giorno 3: Salci, il silenzio di un passato abbandonato
Diverso è il caso di Salci, un piccolo borgo dell’Umbria sud-occidentale che oggi è quasi del tutto disabitato. Un tempo ospitava circa 1500 abitanti, ma dagli anni ’60 in poi è andato incontro a un progressivo abbandono. Oggi Salci è un luogo sospeso tra storia e rovina. Le sue case in pietra, molte delle quali pericolanti, raccontano di una comunità scomparsa. La piazza centrale, una volta cuore della vita quotidiana, è invasa dalle erbacce; gli edifici pubblici, come la scuola e la chiesa, portano i segni evidenti del tempo e dell’incuria.
Eppure, proprio questo stato di semi-abbandono conferisce al borgo un fascino malinconico e potente. Salci non è un luogo “da visitare” nel senso classico del termine, ma uno spazio da contemplare. È il simbolo di un’Italia interna dimenticata, ma ancora capace di raccontare qualcosa a chi sa ascoltare. In un contesto di rigenerazione dei piccoli centri, Salci potrebbe un giorno tornare a vivere.